La Congregazione delle Suore Domenicane “Figlie del Santo Rosario di Pompei”
fu fondata da Bartolo Longo nel 1897. Ebbe l'approvazione canonica il 25 agosto e, contemporaneamente, fu aggregata all'Ordine dei Predicatori. Il Beato volle che il “carisma” della Congregazione fosse radicato in quello della famiglia di San Domenico, che unisce la vita contemplativa a quella attiva. Fondate con lo scopo di dare alle orfane, ospitate presso il nascente Santuario, delle “madri” che potessero occuparsi della loro educazione e istruzione, le Suore di Pompei, ancora oggi, si occupano della formazione della gioventù. Oltre alla preghiera e al costante impegno svolto presso i centri educativi pompeiani, esse assolvono, all’interno del santuario, diverse mansioni: dalla cura degli arredi sacri, ai servizi di accoglienza ai pellegrini e alle attività negli uffici amministrativi. Le Suore Domenicane “Figlie del Santo Rosario di Pompei” operano anche in varie parti d’Italia e del Mondo (Filippine, India, Camerun, Indonesia).
Lo Stemma della Congregazione
La Congregazione adotta uno stemma che è quello di Bartolo Longo.
Esso è costituito da uno scudo ovale sul quale sono tracciati i seguenti elementi:
- la Croce
- il Rosario
- la stella
- in basso, un mare su cui sono incise le iniziali del fondatore: il Beato Bartolo Longo.
Per meglio comprendere il valore del simbolismo longhiano, faccio ricorso a uno scritto di Sr. Maria Ermelinda Cuomo, pubblicato sul periodico della Congregazione "In Cammino... con Maria" dal titolo "Bartolo Longo e il simbolismo".
Per le migliaia di pagine che ha scritto, Bartolo Longo dimostra che ha sempre voluto mettersi in collegamento con gli altri, comunicare per amare, comunicare per ricevere il conforto della carità e l'approvazione del suo operato.
Egli, più volte, introduceva dei simboli che sintetizzassero la vita e i valori umani che erano propri dell’istituzione pompeiana.
I segni e i simboli erano, chiaramente, riferimenti delle realtà terrene alle meraviglie celesti.
Molti di questi simboli li ritroviamo all’interno della Basilica e ci piace andare alla loro ricerca per tentare di farne un inventario ragionato.
Nel suo stemma collocato in basso a sinistra dell’altare maggiore, troviamo il mare in tempesta, la croce e la corona del rosario: elementi questi ultimi che, intrecciati tra loro simboleggiano gli amori più grandi della sua vita, mentre il mare in tempesta vuole rievocare lo stato d’animo della sua giovinezza: un mare in tempesta perché agitato dall’anticlericalismo spietato e dallo scetticismo.
Dopo la conversione, la croce è stata la sua fedele compagna di viaggio e le sue mani solitamente intrecciate alla corona hanno rappresentato l’ancora di salvezza.
Difatti, Bartolo Longo, era un uomo di preghiera e con l’aiuto del Rosario trovò conforto e guida per la costruzione delle Opere pompeiane, per l’edificazione del Tempio perciò dedicato alla Regina del Rosario.
Era uno spettacolo vederlo guidare il Rosario in Basilica.
“Mi recava stupore ed insegnamento – dice un teste alla causa di beatificazione – vederlo recitare il Santo Rosario con una lunga corona di quindici poste nelle mani, sempre con lo sguardo fisso alla Madonna, assorto così nella preghiera, da non accorgersi di quanto gli era intorno; pareva che se ne andasse in estasi”.
Il Beato definiva il rosario “inno di un arcangelo ripetuto da un coro di milioni di cuori”.
La corona è quindi simbolo di guida e compagnia in ogni momento della storia di Pompei; ma, oltre a questo segno, che è compagnia e guida per il Beato, ritroviamo altri simboli, apparentemente meno importanti quali l’assegnazione della fascia sul braccio del giovanetto, che era un premio ambito di fine anno.
Sulla fascia vi erano incise le iniziali di Bartolo Longo perché diceva: ”Io vi darò il mio nome: sul braccio voi apporrete le mie iniziali come segno d’affetto”.
Un segno davvero tangibile e stimolante per la crescita della dignità umana.
E ancora, la stella.
Un simbolo che ricorre frequente come appellativo di Maria: “Tra le tempeste che mi avevano sommerso, levai gli occhi miei a te, nuova stella di speranza, apparsa ai dì nostri sulla valle delle rovine”.
Bartolo Longo ne esalta la luce perché: “Due sole luci restavano a lungo fra le tenebre: la fulgente corona intorno al capo della Vergine sul frontone della Basilica, e quella della finestra di Bartolo Longo”.
Infatti, il Beato sottraeva gran parte del tempo al sonno per dedicarsi alla preghiera.
Infine, ma non da ultimo, diventato Terziario Domenicano, volle chiamarsi Fra Rosario, e fu rosario vivente per le sue vicende dolorose, gaudiose e gloriose, con due strumenti di lavoro: la penna e il rosario: “Apostolo della penna, in ascolto della parola”.
Anche Giovanni Paolo II, nel proclamarlo Beato, il 26 ottobre del 1980, lo presentava al mondo cattolico dicendo: “Egli con la corona del rosario, dice anche a noi, cristiani della fine del XX secolo: Risveglia la tua fiducia nella SS. Vergine del Rosario.
Devi avere la fede di Giobbe! Santa Madre, io ripongo in Te ogni mia afflizione, ogni speranza, ogni fiducia”.